C’è questo video dell’uomo più veloce del mondo che scambia gesti di gentilezza con dei ragazzi a bordo pista, prima delle gare. Pacche sulle spalle, sorrisi, pugno contro pungo, incoraggiamenti. A guardarlo sembra che incitando gli altri, incoraggi anche se stesso. Forse è così. Forse per quello che si usa l’espressione “scambiare gesti” e non “dare”.
Steven Bartlett, fondatore di Flight Group, ha condiviso il video di Usain Bolt accompagnandolo con queste parole:
“Tutti noi abbiamo giornate storte e non sappiamo cosa stanno passando gli altri, ma essere gentili può letteralmente cambiare la traiettoria della tua vita. In qualche modo ti spinge in una direzione diversa. Le nostre azioni sono le nostre PR invisibili che lavorano a favore o contro di noi in un determinato momento. Essere scortesi mette a dura prova il proprio talento perché ne appesantisce il potenziale.”
Essere gentili invece, arricchisce il nostro talento facendolo risplendere, aggiungo.
Io “gentilezza” la metterei come requisito preferenziale negli annunci di lavoro. È una qualità preziosa che dice molto sul carattere di un collaboratore o una collaboratrice, sul suo approccio e sul suo valore a lungo termine. Inoltre ricordiamoci che la gentilezza è contagiosa quindi una persona gentile incoraggerà gli altri a fare lo stesso all’interno dell’organizzazione. Secondo Andrew Swinand, CEO di Inspired Thinking Group, esistono alcune semplici routine che possono essere integrate nella propria vita professionale e che contribuiscono a creare una cultura della gentilezza all’interno dell’azienda.
Parlando del mio mondo, quello dei liberi professionisti, in questo discorso ai laureandi della University of Arts di Philadelphia, Neil Gaiman dice che un buon freelance deve avere almeno due di queste qualità: essere puntuale, essere bravo, essere simpatico. Mi trova pienamente d’accordo, ma potete già immaginare quale sarebbe la quarta voce che aggiungerei.
Adesso basta parlare di me e lasciamo spazio ad Andrea M.Alesci: scrittore, legge ad alta voce libri illustrati e fa laboratori. È anche autore di Linguetta, la mia (lo dico? Lo dico!) newsletter preferita di sempre che indaga e scartabella la lingua e le parole.
Ciao Andrea, raccontaci cosa fai.
Faccio diverse cose che hanno a che fare con le parole e i libri. Scrivo per bambine e bambini (Il giro d’Italia in 80 isole e L’arcipelago delle isoleombra) e giro facendo laboratori che giocano con rime e figure. Da tre anni lavoro in maniera più intensa anche sui progetti di educazione alla lettura, entrando nelle classi delle scuole medie (in cantiere ho dei progetti anche con superiori ed elementari) e nelle biblioteche. Leggo ad alta voce albi illustrati, sui quali ho iniziato a fare anche formazione. Principalmente quindi leggo, ma con Linguetta mantengo vivo l’esercizio della scrittura, anche perché capire come si muove la lingua è una cosa che mi ha sempre affascinato.
Leggere la tua newsletter per me è come entrare in un parco giochi dove c’è tutto quello che mi piace. Le filastrocche, le parole con tanti significati, i film, le serie, i libri, gli albi illustrati, le gif divertenti, i doppi sensi intelligenti. Vorrei non finisse mai. Cos’è per te Linguetta e com’è nata?
Mi fa piacere sentire che Linguetta è come un parco giochi, perché per me il gioco è il perno del mondo: quando giochiamo siamo in uno stato di concentrato piacere, stiamo facendo una cosa che ci piace, ci divertiamo insomma. E il verbo divertirsi ci racconta di una capacità di ‘guardare altrove, deviare’, di usare lo sguardo divergente con cui informiamo il mondo da piccoli, e che il gioco ci consente di conservare per sempre. Lo stesso sguardo cerco di tenerlo dentro Linguetta, anche parlando di cose serie – ma che cosa c’è di più serio del gioco? –, perché vorrei che il tempo che prendo a chi mi legge sia un tempo desiderato e piacevole.
Il progetto di Linguetta è iniziato a settembre 2021, perché volevo un posto in cui scrivere le cose che sapevo della lingua, un posto dove poterle smontare e rimontare per capirle meglio, cercando altri spazi di possibilità e relazione.
Trovo che la poesia sia una delle forme di narrazione più delicate ed efficaci che ci siano. È scrittura creativa nella sua essenza, copywriting allo stato puro. Ho notato che ti diverti spesso con le rime, come mai scegli questa forma?
Sarà scontato ma ho avuto la fortuna che da piccolo i miei genitori mi leggessero le filastrocche di Gianni Rodari, che si è sempre definito un fabbricante di giocattoli. Le filastrocche sono un gioco di magia fatto di lettere che suonano, e sono anche il nostro primo approccio al mondo, conservano il ritmo di un tempo ancestrale che ci portiamo dentro e che serve a connetterci con tutto il resto. Crescendo mi sono sempre divertito ad abbozzare rime, specialmente per i bigliettini di compleanno di tutto il parentado (e la cosa continua tutt’ora!).
Come dici tu, la rima è scrittura creativa nella sua essenza, perché ogni parola che scegli deve essere esatta e funzionare, deve suonare e fare risuonare gli immaginari di chi la legge, vivendo nell’essere letta ad alta voce: anche perché la filastrocca è poesia, quindi fa. E per fare deve essere detta. Come una formula magica.
Secondo te come deve essere una comunicazione gentile?
Credo che l’essere gentili parta da una disposizione all’ascolto, dal dare valore a chi ci sta davanti, mettendoci al suo servizio. Significa usare una lingua che si fa capire e che diventa uno strumento d’azione per “andare verso” le persone e farle funzionare. Non è mica facile, perché vuol dire metterci in secondo piano, dimenticarsi per un po’ di noi stessi e servire (al)le altre persone. Però sentire di essere utili è impagabile.
(Se vuoi delle dritte per scrivere una mail gentile, le trovi QUI. Ndr)
Scrivi che “La gentilezza rende le interazioni memorabili”. Quel “memorabile” porta con sé qualcosa di diverso dall’effetto WOW. È una memoria profonda e ricca di senso. Hai voglia di raccontarci una tua “interazione memorabile” e cosa ti ha lasciato?
Era il 31 dicembre 2021, quindi nella seconda ondata Covid (ancora con mascherine e distanziamento). Stavo finendo di caricare la spesa nel piazzale del supermercato, quando mi si avvicina una signora anziana che mi dice qualcosa, ma sulle prime non capisco bene; poi metto insieme i pezzi e intuisco che aveva fatto la spesa ed era d’accordo con una sua vicina di chiamarla per farsi venire a prendere, soltanto che aveva dimenticato il bigliettino con il numero di telefono. La signora abitava in un comune non troppo distante, così le carico la spesa sulla mia macchina, la faccio salire e la accompagno a casa. Ecco, i ripetuti grazie che mi ha detto me li conservo nella memoria, insieme al suo sorriso, a un pezzo della sua storia che mi ha raccontato lungo il tragitto e al suo nome, Beatrice.
Lavori molto con i bambini e le bambine di diverse età. Cosa hai imparato da loro che ti porti dietro nella tua vita personale?
La capacità di guardare meglio, di vedere le cose a cui noi adulti non facciamo più caso perché abituati a guardare in un certo modo, a una certa altezza. Ho la fortuna di stare coi più piccoli in vari modi e contesti (da autore, da lettore, da zio), per cui riesco a illuminare cose che altrimenti mi striscerebbero sotto al naso senza nemmeno notarle. Cerco di ricordarmelo sempre, è un allenamento alla visione stare coi più piccoli, e riuscire a vedere l’invisibile è una grande forma di ascolto e di viaggio.
Il tuo ultimo libro illustrato, L'arcipelago delle isoleombra, contiene "46 storie incredibili che galleggiano in molti dei mondi che siamo riusciti a immaginare". Ci racconti di cosa parla e da dove è nata l'idea?
Mi piacciono le isole, perché sono riassunti della terra. Forse mi piacciono anche perché ogni anno, da quando sono nato, io ci vado su un’isola, che è la Sicilia. Avevo già scritto un libro sulle isole, ma volevo tornarci, sulle isole.
Solo che stavolta ho allargato l’esplorazione al resto del mondo e all’altrove letterario; Sabir editore ha capito questo mio desiderio di viaggiare nell’invisibile e ha fatto salire a bordo Marianna Balducci, che con il suo modo di foto-illustrare e disegnare ha espanso quei piccoli mondi in rima: 46 filastrocche ambientate su altrettante isole (fisiche, figurate, immaginate) e completate da brevi testi in prosa che danno qualche dritta in più. Soprattutto, 46 isole che cercano di essere mappe verso il chissàdove per chi le leggerà.
Cos’è per te la gentilezza?
Ti rispondo con una filastrocca di Sabrina Giarratana che sta nella raccolta Filastrocche in valigia (illustrazioni di Pia Valentinis):
Filastrocca delle lingue
Che lingua parli, non ti capisco / Io non miagolo, non ruggisco / So latrare, spesso abbaio / A volte ringhio, allora è un guaio / Conosco uno che nitrisce / E un altro ancora che barrisce / Ognuno parla la lingua sua / Io la mia, tu la tua / Ma c’è una lingua che tutti sanno / Quella del cuore, che tutti hanno.
Zollette
Piccole dosi di gentilezza. Letture per l’estate consigliate da Andrea:
Gaetano e Zolletta: due storie (Un posto perfetto e La supersorpresa) che introducono al linguaggio del fumetto, insieme all'asino Zolletta e al suo papà Gaetano.
Grande, bro! Un'estate svedese, un'inattesa amicizia che nasce e le domande per chi cerca di dire alle altre persone la propria verità.
Tutti i nostri corpi. Come dice il sottotitolo: Storie superbrevi. Poche righe o al massimo una paginetta per farci sentire l'assurdità che sta nascosta nelle nostre vite.
Belle parole
/Coddiwomple/
In gergo inglese significa viaggiare con un intento verso una destinazione incerta. La definizione sul dizionario cita “viaggiare in modo mirato verso una meta vaga”. Per fortuna c’è ancora chi ama farsi stupire dalla vita. E dalle parole.
Comunicazione di servizio: la prossima Morbido, prevista per il 28 luglio, potrebbe saltare perché sarò a Londra per un evento molto speciale. Ci rileggiamo sicuramente a inizio agosto, prima delle vacanze.
Intanto grazie per avermi letta fino a qui, ti auguro una bella domenica.
A presto.
Valentina
È gentilezza anche mettere a proprio agio gli altri con cui agisci, essere accogliente e non respingente anche col linguaggio
Purtroppo la gentilezza è la prima attitudine naturale che si perde da bambini. Noi adulti non siamo un buon esempio e loro mutuano il nostro comportamento con una reazione a catena devastante. Dobbiamo impegnarci di più. Per noi, per loro e per gli altri. Non volevo fare demagogia, ma la gentilezza e a ruota l’empatia sono le due caratteristiche che apprezzo di più nelle persone.