Natale in centro
Trovare il proprio equilibrio mentre tutto si muove
Il mese di dicembre a malapena lo vediamo passare. È come un treno velocissimo, rosso, che attraversa le settimane diretto alla meta: il giorno di Natale. Il paesaggio che vediamo dal finestrino è così confuso e pieno di luci, gente, colori che risulta molto complicato capire dove iniziano e finiscono i giorni, le liste di cose da fare prima che finisca il mondo. Ops, l’anno 🪅
In questo turbine natalizio mi fermo a cercare il centro.
In questa puntata di Morbido si parla di:
Cos’è l’equilibrio e se esiste davvero
L’Ikigai e ciò per cui vale la pena alzarsi la mattina
Federica Gherardi e il viaggio sulla luna
Tante idee regalo per tutte le tasche
Partiamo dal presupposto che non so niente sul tema del centrarsi. Più che altro non è mai stato un tema per me, che ho preferito seguire il flusso, i movimenti della mia vita, senza preoccuparmi di tenermi salda da qualche parte. Ritenevo l’istinto e l’inquietudine sia i reattori che i propulsori delle mie esperienze, e andava bene così. L’incertezza era un valore che mi dava la spinta a cercare qualcosa a cui sentivo di appartenere di più. La maternità mi ha dato un peso specifico diverso e muoversi in tutte le direzioni è diventato più laborioso: mi ha radicata al presente, dandomi un forte bisogno di stabilità e praticità.
Che poi l’equilibrio non è una questione esterna e pratica, ma interna e astratta. Si può essere emotivi e incostanti ma perfettamente consapevoli del proprio centro, come quei giochi di legno che dondolano ma si rimettono sempre in piedi.
A volte però mi chiedo se l’equilibrio esista davvero e se abbia realmente importanza, o se sia qualcosa in cui ci rifugiamo per dare (prima di tutto a noi stesse) la sensazione di avere tutto sotto controllo.
Ieri, mentre intervistavo l’ospite della prossima newsletter (no spoiler!), è uscito il tema dell’equilibrio e mi ha parlato di Ikigai (生き甲斐), un concetto giapponese che significa “ragione di vita” o “ciò per cui vale la pena alzarsi la mattina” e indica lo scopo, la gioia e il senso che diamo alla nostra esistenza. Si dovrebbe raggiungere intrecciando ciò che amiamo, ciò in cui siamo bravi, ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui possiamo essere pagati.
Se provo ad applicare questo schema alla mia vita, ritrovo molti lavori per cui sono stata ben pagata ma di cui il mondo poteva tranquillamente fare a meno (la comunicazione non è quasi mai vitale), tante occasioni professionali colte perché mi ritenevo brava in quello che mi proponevano anche se non mi interessava più di tanto, e lavori scelti perché mi appassionavano ma per cui ero pagata una miseria.
Non sento il concetto di ikigai nelle mie corde: ho il compromesso che mi scorre nelle vene (forse è una questione endemica per noi italiani). Non si può avere tutto, o la botte piena o la moglie ubriaca. Che, tradotto, significa che la maggior parte delle volte facciamo un lavoro di cui il mondo non ha davvero bisogno, e siamo anche pagate poco.
L’equilibrio in biologia è la capacità di percepire e adattare il movimento del corpo rispetto alla forza di gravità e altre forze esterne. Questione di adattamento insomma, come gran parte delle esperienze quotidiane. Quindi possiamo dire che il nostro centro assume una forma nuova in base agli eventi, agli incontri della vita. E alcune volte ci sentiamo a nostro agio con il nuovo centro, altre volte meno, ma penso che diventi davvero parte di noi quando iniziamo a dimenticarcene.
Per quanto mi riguarda, credo che la mia capacità di stare in equilibrio sia il risultato di quello che mi circonda. È ciò che c’è intorno a tenermi insieme.
Le persone che mi sono scelta e i legami con loro, le rocce della mia famiglia, le passioni che coltivo, il tempo che riesco a investire bene, il lavoro che amo. E no, non sono brava io a tenerle insieme, non so fare proprio niente. Sono loro a tenere insieme me. Nel frattempo ho imparato (forse un po’ tardi) a riconoscere il valore di quello che ho, ho smesso di fare confronti con gli altri e, da allora, mi sembra di sentirmi più leggera, più sincera e sì, anche in equilibrio.
L’equilibrio ha poco a che vedere con lo stare in piedi, molto con lo stare interi.
Sul tema del centrarsi ho intervistato Federica Gherardi, founder di The Novel Alchemist, un brand che aiuta le persone a vivere con più consapevolezza, attraverso strumenti, pratiche e piccoli rituali che ci permettano di rallentare e di essere davvero presenti nel momento.
Ciao Federica, partiamo dalla domanda più difficile di tutte. Chi sei?
Tendiamo spesso a definirci con quel che facciamo, e sono in un momento della mia vita dove sto diversificando il mio fare in molteplici direzioni. Quindi sì, rispondere è difficile, soprattutto farlo in modo sintetico :)
Ci proviamo: per oltre dieci anni ho lavorato nel mondo corporate, dove dirigo un dipartimento di ricerca e analisi per una grande agenzia di innovazione e consulenza. Da qualche anno ho avviato The Novel Alchemist e sto trasformando una realtà familiare centenaria, artigianale, dedita al mondo tessile, reinterpretandola come social enterprise. Il mio progetto è infatti come un innesto: attinge dalla tradizione ma trasforma tutto in una nuova essenza. Sono anche attiva nel mondo formativo e accademico, dove condivido le mie esperienze in ricerca e psicologia della comunicazione.
Da tutto questo nasce Moving the Needle, una metodologia per muovere l’ago della bilancia del mondo attraverso un fare che è una “rivoluzione gentile”. Per me questa rivoluzione si chiama ‘The Novel Alchemist’ ma ognuno può dar forma alla propria.
Ho anche un podcast, Lunatica, in cui intervisto persone che, attraverso il loro fare, partecipano alla rigenerazione del mondo attingendo dal proprio percorso interiore, da storie di guarigione e trasformazione.
Il passato ci insegue, il futuro ci fa paura: ma perché è così difficile stare nel presente?
Quando pensiamo al futuro in realtà perpetuiamo il passato, perché possiamo immaginare solo attingendo alle nostre esperienze. La nostra mente ha una capacità di pensiero che può essere proiettiva, come un film che proietta fuori ciò che viviamo dentro, oppure può essere allenata verso la presenza e la consapevolezza.
Quando siamo veramente qui e ora, agiamo da una mente pulita, limpida, come bambini. Più cresciamo, più la parte traumatizzata della nostra personalità accumula peso e rischiamo di disancorarci dal presente, vivendo in un film personale che diventa autosabotaggio. Per questo è fondamentale compensare il viaggio sulla terra con quello che chiamo “il viaggio sulla luna”: riconnetterci alla dimensione dello spirito che porta leggerezza e guarigione. Da qui prende il nome il mio podcast.
La mente è un alleata, è il ponte tra corpo e spirito, ciò che ci dà il libero arbitrio. Sta a noi decidere come usare il suo potere. E la cosa bella è che essere nel momento presente è semplice. Solo che non è facile.
Esiste l’equilibrio? Cosa significa per te centrarsi?
L’equilibrio è la relazione tra due o più forze. In questo momento storico ha senso parlare di equilibrio in termini di fare ed essere. Abbiamo spostato il nostro equilibrio solo sulla gamba del fare e con l’intelligenza artificiale, che alcuni promettono ci permetterà di lavorare meno, stiamo in realtà vedendo una riduzione del tempo, per fare di più in meno tempo. Come è stato con internet: non ci ha fatto lavorare meno, ha solo accelerato tutto.
C’è bisogno quindi di ritrovare equilibrio portando maggiore focus sull’essere. Non è un caso che negli ultimi anni, dopo la normalizzazione della salute mentale, sia in corso anche una normalizzazione della salute spirituale.
La mia visione è quella di portare in equilibrio la salute mentale della personalità e la salute spirituale dell’essere con la dimensione del fare. Perché questo equilibrio non può essere solo tra due parti: ha bisogno di una terza componente che è l’anima, lo spirito, quella sensazione di appartenenza al mistero della vita. Non parlo in termini religiosi, ma di un aspetto filosofico dell’esistenza che sarà fondamentale per trovare maggiore centratura in un equilibrio che integri questa natura tripartita dell’esistenza.
Durante un rito in India hai colto questa frase: Qualsiasi melodia arriva, tu danza. Che poi danzare è trovare l’equilibrio nel movimento. Che melodia stai ballando in questo momento della tua vita?
Mi trovo in un periodo dove sta cambiando la mia melodia, i miei ritmi. Da un anno ho ritrovato la danza attraverso il movimento consapevole e la pratica dei Cinque Ritmi di Gabrielle Roth, che insegna ad incarnare la vita danzando un’onda, che si sviluppa attraversando cinque ritmi per l’appunto, che rappresentano cinque distinte qualità energetiche: Fluido (nascita, liquidità, assenza di forme), Staccato (definizione, confini e rotture), Caos (totale perdita di controllo), Lirico (maturità, integrazione e contatto) e Stillness (dissoluzione della forma, immobilità).
Sto entrando nel ritmo lirico, in me inizia, e aggiungo finalmente, a prendere spazio una parte che definirei matura, come un’amica, una madre, una guida che mi direziona, mi consola, mi accetta per come sono. La richiamo con forza quando le altre parti prendono il sopravvento, e confido un giorno di poterla integrare totalmente, farla diventare il mio Io centrale, colei che direziona la mia vita. Questa parte in me mi fa sentire al sicuro.
Come definiresti il tuo rapporto con la natura?
Mi piace ripulire i termini dalla polvere: Natura, con la maiuscola, è tutto ciò che non è artificiale, tutto ciò che non è creato dall’uomo. Quindi è anche l’intera umanità, per quanto ci ostiniamo con supponenza ad agire come se fosse diversamente.
Io credo in una sinergia tra il mondo naturale e quello umano, perché noi siamo natura. Due anni fa ho partecipato al festival Design for Planet dove ho sentito qualcuno dire: Design for Planet it’s not correct, we are planet. We are nature, humans are nature. Fino a che non risolviamo questa dissociazione esistenziale, non può esistere veramente un rapporto con la natura.
L’espressione ermetica “come dentro, così fuori, come sopra, così sotto” ci ricorda che noi siamo natura.
In Donne che corrono coi lupi c’è un racconto su un fiume inquinato visto come riflesso del mondo: i fiumi sono inquinati tanto quanto le nostre vene, i cieli tanto quanto le nostre menti. Non c’è separazione. La nostra mente proietta quello che è fuori, lo creiamo perché è dentro di noi.
In una frase di poche parole, ci diresti cos’è per te la gentilezza?
La gentilezza, quella autentica, è possibile solo quando riusciamo davvero a vedere l’altro. E per vedere l’altro dobbiamo prima riconoscere qualcosa di noi in lui. Allo stesso modo, per vedere noi stessi, dobbiamo saper riconoscere l’altro che è in noi.
Solo così possiamo essere veramente gentili nei confronti di noi stessi, dell’altro e di tutta l’esistenza.
Dicembre in tasca
Questo mese in tasca ho due liste: una è per Babbo Natale, l’altra sono idee regalo per un morbido Natale:
La prima box di Bradiboo che aiuta grandi e piccoli a gestire ansia e preoccupazione 🙈
Il caldo pigiamino “Notte di Natale” di Silvia Lingeria: morbido, avvolgente e perfetto per le serate più dolci dell’anno ☕️
Le magiche Zafu Bags di The Novel Alchemist, realizzate in tessuto toile de Jouy e cucita a mano 🌱
Il calendario illustrato di Spazio Mari disegnato da Elena Maricone e stampato in edizione limitata 🗓️
Il libro Cucina in famiglia di Myriam Sabolla, perché cucinare non è solo “fare da mangiare” ma anche educare, organizzare, ascoltare e costruire relazioni sane ❤️
Un seminario in alta quota, a 1600 metri d’altitudine, per immergersi nella natura e nella cultura con Studio Sūn 🏔️
La t-shirt di Morbido in edizione limitata con il logo disegnato da Marta Zocche (che se la comprate, fate voi un regalo a me 😊) 🎁
Non mi resta che augurarvi un felice Natale. Non serve essere più buoni, basta solo provare a essere più gentili. Vedrete che poi ci prendete gusto 😆
Auguri!🎄✨
Non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi trovi intorno.
Stephen Littleword





Grazie per la tua delicatezza sempre centrata