Da piccoli lo facevamo di continuo. E poi a un certo punto PUF! fine. Abbiamo smesso di correre come dei forsennati per raggiungere qualsiasi persona o cosa. Abbiamo chiuso in una scatola fogli e matite perché non sentivamo più il bisogno di rappresentare il mondo con i disegni. Abbiamo perso la curiosità estrema, l’incoscienza, l’urgenza di arrampicarsi, toccare tutto e salutare chiunque. Man mano che crescevamo perdevamo dei pezzi per strada. E c’è anche un’altra cosa che abbiamo smesso di fare: osservare.
L’altro giorno ero al parco con mio figlio di un anno e mezzo e abbiamo incontrato un bambino più grande che si è fermato urlando “Ciaoooo” e sbracciandosi per salutarlo. Mio figlio lo ha guardato un attimo e poi ha ricambiato il saluto con la manina. Un perfetto sconosciuto, grandi feste e cordialità. Cos’è questo secondo voi? Incoscienza? curiosità? Istinto? Io penso sia un insieme di queste cose, e la chiamerò gentilezza.
Di questi tempi è un sentimento raro perché per essere gentili bisogna prima “accorgersi” . Saper osservare il mondo e gli altri con grande apertura e fiducia, avere la capacità di farsi toccare da quello che sta accadendo intorno a noi. Serve uno sguardo libero e invece siamo troppo impegnati a intrattenere quello sguardo: a testa bassa, ci riempiamo gli occhi e il tempo di cose. Serve anche sapersi prendere la responsabilità di un gesto gentile e spesso questa è la parte più difficile. Penso infine che la gentilezza sia un muscolo, più la alleni e più ti viene naturale, non solo metterla in pratica ma proprio riconoscerla perché non sempre è evidente. Al contrario, la gentilezza sa essere molto discreta. Eccoci arrivati al punto: questa newsletter vuole raccontare la delicatezza che sta dentro le idee, i progetti, le persone e i momenti. E se avete voglia di accorgervene, di scoprirla e meravigliarvi, continuate a leggerla.
La prima persona gentile di cui voglio parlarvi è Elena Maricone, illustratrice ligure che non ha mai smesso di disegnare quando è diventata grande. Ha questa meravigliosa capacità di creare fisionomie con pochi tratti e tanti colori, i suoi disegni sono giardini, città, villaggi di emozioni.
Ciao Elena. Dove è nata la tua passione per il disegno e cosa ti piace dell’illustrare? Diciamo che faccio parte di quei bambini che, crescendo, non hanno mai smesso di disegnare. Chi più o chi meno, tutti noi per anni lo abbiamo fatto durante l’infanzia e poi improvvisamente abbiamo smesso. Del disegno e dell’illustrazione amo la necessità di decifrare favole, vita, pensieri, persone attraverso le immagini. Il fatto di utilizzare un linguaggio diretto e universale.
Tra le tue illustrazioni ci sono spesso animali, piante e fiori. Quali sono le radici di questa connessione con la natura?
La natura è collegata a noi e, che ci piaccia o no, ne facciamo parte. Quando sono stanca o ho qualche pensiero, camminare in mezzo al verde mi rigenera e mi calma. Ho un grande rispetto per il nostro pianeta e per tutti i suoi abitanti, sono affascinata dalla biodiversità e, per questo motivo, amo rappresentarla (anche se, a volte, con qualche licenza poetica su forme e colori).
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Qual è il soggetto o lo scenario che ami di più illustrare?
La cosa che mi diverte di più illustrare sono borghi, paesi e città. Mi piace immaginare chi abiterà dentro le case o che cosa venderà un certo negozio. Quando invento luoghi, invento anche storie collegate ad essi e per me è spassosissimo! Non è necessario che esista davvero, potrebbe essere anche una città all’interno di un tronco di un albero. Il grande maestro Miyazaki e Wes Anderson sono sicuramente una fonte d’ispirazione in questo senso.
Ti occupi anche di laboratori per i bambini. Cosa hai imparato da loro che porti nel tuo lavoro?
Dai bambini ho imparato tantissimo! Sono degli sperimentatori nati, hanno un senso estetico molto sviluppato (si cibano di immagni) e osano dove noi adulti freniamo. Sono coraggiosi, non hanno paura di rovinare un progetto se la creatività dice loro di andare avanti. Forse sono un po’ incoscienti ma spesso, nel risultato finale, hanno ragione. Mi hanno insegnato questo: a non avere troppa paura di rovinare le mie illustrazioni. E sono una fonte inesauribile di nuove tecniche!
Hai illustrato una filastrocca di Gianni Rodari in cui la favola della cicala e la formica prende una piega nuova. E nel tuo primissimo post Instagram scrivi “Quanto ci vuole a cambiare? Anni, mesi, giorni o un attimo?”. Come racconti il cambiamento attraverso i tuoi disegni?
Lo stile è cambiato con me. Quando ero giovane risentiva delle mie influenze musicali, dei fumetti che amavo leggere e quindi era più orientato al disegno e meno al colore, le illustrazioni appartenevano a un mondo più adulto. Da quando sono diventata mamma ha avuto un cambiamento naturale, perché volevo disegnare anche per i miei bambini. Questo mi ha portato a rivedere tutto, renderlo più semplice, comprensibile e colorato. Mi piace riguardare i miei vecchi lavori, a volte mi rivedo meglio che in fotografia. Credo che ognuno di noi dovrebbe tenere un diario illustrato.
Mi interessa indagare la forza generativa che si sprigiona, anche nel lavoro o nelle passioni, quando diventiamo mamme. Come ti ha cambiata la maternità?
Per me è stata una rivoluzione (o forse dovrei dire esplosione) di creatività. Con la maternità il mio lavoro ha fatto un salto di qualità perché ho iniziato a realizzare illustrazioni che piacessero a me per prima. Quando diventi mamma comprendi davvero il valore del tempo e per me era importante che il poco tempo che avevo fosse dedicato a qualcosa che mi desse soddisfazione e mi rappresentasse. Il linguaggio delle mie illustrazioni è cambiato e incredibilmente da quel momento ho iniziato a ricevere dei riconoscimenti per i miei lavori.
Quali sono i piccoli momenti preziosi delle tue giornate che conservi con cura?
Solo per me: un caffè la mattina al bar ed un libro la sera. Con i miei ragazzi: parlare la sera delle nostre giornate, guardare nel fine settimana dei film scelti insieme.
Che cos’è per te la gentilezza?
Se dovessi spiegare la gentilezza ai miei bambini direi che è avere piacere a creare felicità negli altri, solo per il gusto di farlo.
Zollette
Piccole dosi di gentilezza
“Sulla gentilezza” è un podcast di Mario Calabresi conduce un’indagine sul significato di questo sentimento nel mondo umano e naturale col contributo di storici, antropologi, scienziati, artisti e letterati.
“La quercia e i suoi abitanti” è un delicato documentario che ha come protagonista una grande quercia di ben 210 anni che diventata pilastro e punto di riferimento per un intero micro universo di piccoli abitanti.
“Il bosco di Topino” è un albo illustrato che racconta attraverso meravigliose immagini e versi in rima il passare delle stagioni. Per creare le illustrazioni Alice Melvin ha trascorso più di un anno immersa nella natura, a disegnare Topino e i suoi piccoli amici.
Belle parole
/By Heart/
In inglese si usa l’espressione learn by heart per dire imparare a memoria.
L’origine della parola “ricordare” deriva dal latino “cor cordis”, infatti il cuore era considerato il luogo dove risiedevano l’intelligenza e la memoria. Non a caso i ricordi più belli li sentiamo nel cuore.
Grazie per avermi letta fino a qui. Ti auguro una bella domenica.
A presto
Valentina
Ciao Valentina, alla domanda “Quanto ci vuole a cambiare? Anni, mesi, giorni o un attimo?” io risponderei tutti e quattro. Ho letto con piacere tutta l'intervista. Grazie.
Che bello leggere l'intervista a Elena Maricone, che illustrò il mio libro di filastrocche "Il giro d'Italia in 80 isole" e che possiede una Fantastica capace di far parlare fra loro animali, piante, fiori, minerali! Ho ancora un bellissimo ricordo di un laboratorio che facemmo insieme a Monza.