Visto che siamo molto vicini al Natale, immagino che l’attenzione di tutti sia dedicata agli ultimi regali, preparativi, feste e non certo alle mie parole. Ma come sapete se salto un giro rischio di deragliare, e così eccomi qui anche oggi, a due passi dalla vigilia, per condividere con voi le mie riflessioni. Se non mi leggerete non mi offenderò, anzi, io stessa probabilmente oggi non avrò il tempo materiale per aprire la casella di posta e rimanderò a Santo Stefano, quel giorno delle feste che per me rappresenta un mistero. Si festeggia ancora o ci si riposa? Si mangia o si digerisce l’abbuffata del giorno precedente? Ne approfitto per vedere altri parenti o ne ho avuto abbastanza e mi chiudo in casa in pigiama dalla mattina alla sera?
Non so cosa ne pensate voi, ma il 26 dicembre mi ha sempre dato l’idea di essere come quegli scalini fuori misura, che lo hanno dovuto fare più basso degli altri che sennò non ci stava. Non sai se saltarlo o farlo, insomma.
E poi cala la tensione delle feste, ti senti come quando hai finalmente dato l’esame e arriva la botta di stanchezza, ma anche quel senso di vuoto che ha sul fondo un po’ di malinconia.
Ecco quest’anno penso che sfrutterò il giorno di Santo Stefano non come il micio qui sopra, ma praticando della sana gratitudine, ovvero lo dedicherò a ringraziare tutte le persone che avranno contribuito a rendere speciale il mio Natale. Di solito ringrazio il giorno stesso in cui ricevo o apro i doni, che sia di persona, al telefono o con un messaggio. Ma ho spesso la sensazione che, per quanto i miei “grazie” siano sentiti, sia tutto molto confuso e non dedichi il giusto tempo e la giusta attenzione sia nel darli che nel riceverli. Un po’ come quando ti presenti a qualcuno e non memorizzi il suo nome perché sei troppo concentrato a dire il tuo.
E invece, i GRAZIE sono fondamentali. Sono loro che danno il senso a tutto, per me. Al pensiero, al regalo, al gesto. Un grazie sentito, guardandosi negli occhi, prendendosi il giusto tempo di assimilarlo dentro di sé, è energia pura e fa bene all’anima. Mai dare per scontato un grazie, sia ricevuto che donato.
E qui non posso che parlare di gratitudine, una parola che credo sia poco usata nella nostra cultura, molto in altre (pensate solo a quante volte avete letto il mantra “I am grateful” su tazze, quaderni, storie di Instagram).
In questo articolo di Serenis, si parla del potere della gratitudine nella salute mentale, perché aiuta a concentrarsi su quello che si ha e non su quello che ci manca. Alcuni tra i benefici più riscontrati con questa pratica sono: riduzione dell’ansia, benessere emotivo, miglioramento delle relazioni interpersonali.
Sì non sempre è facile, per alcuni rappresenta un netto cambio di prospettiva, per questo è importante percorrere la strada a piccoli passi. Ringraziare più spesso le persone a cui vogliamo bene, o scrivere ogni giorno tre cose belle della nostra giornata, sono pratiche che possono accrescere il senso di gratitudine.
Si può essere grati al passato, di quello che di bello abbiamo avuto e che ci ha portato fino a dove siamo oggi, al presente e a ciò che rende la nostra quotidianità in qualche modo speciale, e al futuro, un approccio fondamentale per affrontare con ottimismo quello che ci aspetta.
Durante la pandemia sentivo il bisogno di tenere un diario delle mie giornate, un percorso guidato di mindfulness, e uno degli esercizi quotidiani era scrivere tre cose di cui ero grata, senza ripetersi. Facevo molta fatica all’inizio, perché rimanevo “alta”, ma una volta finite le cose più grandi, ho iniziato a spostare naturalmente l’attenzione su quelle più semplici: aver dormito un’ora in più la mattina, la camelia che era fiorita in anticipo, il pezzo di torta che mi aveva portato la vicina di casa, il gatto che si era addormentato sulle mie gambe. Per me è stato salvifico riuscire a mantenere la positività in quella situazione, e penso che anche se sono sempre stata un po’ naïf, ridimensionare le mie aspettative mi abbia davvero aiutata non solo a cambiare prospettiva, ma anche a capire meglio come fossi arrivata fino a lì.
Ma esiste anche una gratitudine cosiddetta “tossica” che conosco molto bene perché da quando sono madre mi è capitato di subirla. Ecco dov’è l’inciampo, che non viene praticata ma se ne diventa vittime. Ne parla in modo molto approfondito Maria Beatrice Toro, autrice del libro Gratefulness. Trasforma la tua vita con la forza della gratitudine e della mindfulness. Di solito questa forma di gratitudine si manifesta quando qualcuno ci fa notare che dovremmo essere grati piuttosto che sentirci frustrati rispetto a una realtà difficile della nostra vita. È un modo di provare a manipolare il nostro sentire profondo. Faccio un esempio classico, che alcune di voi purtroppo conosceranno bene: quando mio figlio era molto piccolo mi è capitato di sfogarmi con qualcuno raccontando la fatica che facevo, la difficoltà a dormire di notte, a trovare il tempo di farmi una doccia. Per tutta risposta ho ricevuto un “Dovresti solo essere felice di avere un figlio di cui occuparti, non tutte hanno questa fortuna” (ahimè, lo stereotipo è sempre dietro l’angolo). Il risultato è stato non solo sentirmi peggio, perché ho provato un profondo senso di colpa per essermi lamentata, ma che non mi sono mai più aperta con queste persone su cosa provassi realmente.
Ecco questa è gratitudine tossica, perché è forzata. È qualcosa di innaturale, che non nasce dall’apprezzamento consapevole di ciò che si ha, ma dal sentirci costretti a ringraziare per delle cose che in quel momento non ci gratificano. C’è una mancanza di empatia: i vissuti personali vengono sottomessi a un presunto “dovere di riconoscenza”. Credo che la gratitudine, per quanto legata a persone e dinamiche che ci circondano, sia estremamente intima e personale. È un dialogo con se stessi prima di tutto, che ci porta a raggiungere una consapevolezza e un equilibrio con ciò che sta al di fuori di noi. Nessuno dovrebbe forzarla, esortarla o solo chiamarla in causa: nessuno ha il diritto di dirci per cosa dovremmo essere grati in base alle sue aspettative, perché nessuno può parlare per noi. O se proprio vuole incoraggiarci, può farlo utilizzando altre formule e metodi, tipo l’ascolto profondo e la comprensione.
A volte non serve parlare o fare, basta esserci. Ma per davvero.
Buon Natale.
Una cosa bella che mi è successa questa settimana: Morbido ha superato i 300 iscritti! Era un traguardo che speravo di raggiungere durante le feste, ma mi avete anticipato facendomi una grande sorpresa. Quindi grazie a tutti voi che siete qui, che mi leggete, che mi supportate con un commento, un cuore, una condivisione.
Zollette
Piccole dosi di gentilezza
Aperte Virgolette è il progetto di illustrazione di Paola Rosi per contrastare il disagio della vita quotidiana. Frasi gentili e per sorridere.
Utilissima lista di consigli di Overthinker Mama per non rovinare il Natale a una mamma o un papà.
Il report di BUNS di Alice Avallone, per esplorare il nuovo senza perdere di vista i valori che ci definiscono.
Belle Parole
/Rispetto/
A grande sorpresa è la parola dell’anno e deriva dal latino respectus, “il guardare all’indietro; stima, rispetto”. Significa sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole.
Grazie Istituto Enciclopedia Italiana Treccani, senza di te non sapremmo come comportarci ogni anno.
Gentilezza. Donarla, riceverla.
È questo il mio augurio di Natale.
Di cuore.