C’è chi mi chiede se valga la pena vivere nell’incertezza - stato comune ai creativi anche se in realtà lo è agli esseri umani in quanto tali - o assecondare le maree editoriali o passare i weekend (attualmente le notti) in studio. Allora provo a raccontare che quando mi viene affidata una storia il più delle volte mi commuovo; che il disegnare mi mette in discussione e così continuo a crescere, che - allo stesso tempo - in esso trovo conforto e pace; che lavoro in territori selvaggi privi di confini e su pianeti da esplorare.
Apro questo numero di Morbido con una citazione dell’artista che intervisto più sotto, Serena Mabilia. Le sue parole mi hanno colpita tanto da volerci fare una intro perché mi ci ritrovo, perché descrive proprio bene come mi sento mentre io, che di mestiere scrivo, non ci ero ancora riuscita. O forse non mi ero ancora posta la domanda giusta.
Mi ritrovo nell’incertezza quotidiana del lavoro creativo, nel mettersi in discussione ogni volta, non professionalmente ma proprio personalmente. Nel considerare la mia passione (e il mio lavoro) un rifugio e una terra inesplorata: sto bene quando ci sono dentro, la sensazione è la stessa di quando fuori diluvia e tu sei a casa sotto le coperte. Ma allo stesso tempo tutto quel vuoto nella pagina bianca e tutto questo scavare dentro di me, dentro le mie esperienze, dentro le parole che ho fatto mie, è una voragine di possibilità. Chissà che direzione prenderò, chissà quale prenderanno le mie parole. Chissà come vi arriveranno. Non so in che altro ambito della mia vita mi sento contemporaneamente così adrenalinica e in pace col mondo, forse è una sensazione simile all’innamoramento. E il giorno che smetterò di essere l’una o l’altra significherà che qualcosa si è rotto. Ma siccome provo queste sensazioni contrastanti da quando ho iniziato a scrivere storie, quindi da quasi tutta la vita, dubito seriamente che questo possa succedere.
Serena poi parla anche di confini. Ha ragione, non ce ne sono nel mestiere creativo, c’è questa sensazione di continuo fluire. Le cose ti attraversano, ti lasciano e scorrono verso gli altri e poi, se sei fortunato, continuano a fluire attraverso di loro. Anni fa ho frequentato un Master in visual storytelling e avevo deciso di documentare una storia intima, che riguardava la mia famiglia. Facevo quotidianamente delle interviste e un giorno, davanti a una scena particolare, ho sentito il bisogno fortissimo di spegnere il registratore, come se fossi a disagio con me stessa, perché non volevo appropriarmi quel momento. L’ho raccontato alla mia insegnante, mi disse che prima o poi arrivava per tutti il momento di scontrarsi col proprio limite, per ciascuno in una fase diversa del progetto, in una circostanza particolare. Ma a tutti, a un certo punto capitava di abbassare la macchina fotografica o di spegnere il registratore. Eccolo lì, il bel confine nitido: dentro se stessi. Ed è questo che rende il risultato bellissimo. Riconoscere nel lavoro di qualcuno anche il momento in cui è stato fatto un passo indietro, la pienezza dei silenzi, delle assenze, del limite individuale. Quella foto non scattata, quella risposta non registrata, quella situazione non raccontata, quel gesto non rappresentato. Mettersi da parte e lasciar passare. Quanta libertà anche nel confine.
Serena, sussurro, salto, sogno, stella filante, serpentello a sangue freddo. Si descrive così, Serena Mabilia, con queste parole scritte a matita. Più che un’illustratrice è una poesia vivente, guardare i suoi disegni è come sentirsi avvolti da una coperta, o annusare le lenzuola stese al sole. Ho avuto il piacere di farci anche due chiacchiere.
Ciao Serena, in un post scrivi che disegnare per te è esplorare luoghi selvaggi, ma è anche il tuo rifugio, dove trovi pace. Quando è iniziato tutto?
È sempre stato così, fin da molto piccola. Disegnare era il mio gioco preferito, producevo una quantità di fogli immensa, lo facevo anche a scuola durante le lezioni di altre materie. Curiosamente entrambi i miei nonni, sia paterno che materno, avevano la passione del disegno e della pittura pur facendo tutt’altro come lavoro. Quindi forse è sempre stato così anche per questo.
Com’è fatto il tuo habitat naturale?
Mi serve una finestra, una scrivania, qualche conchiglia, del materiale per disegnare, libri amati, una castagna, una storia – poco altro. Questa frase, una sorta di manifesto, è anche la prima cosa che si legge quando si apre la home del mio sito. Il mio habitat è un po’ tana e un po’ tempio.
I tuoi disegni sono così eterei che sembrano soffici, ma allo stesso tempo sono ricchissimi di dettagli. Mi ricordano i sogni. Cosa significano per te i dettagli?
Per me sono fondamentali, preziosissimi. Raccontano sempre qualcosa oltre ciò che l’immagine esprime nel suo insieme, sono delle aperture su nuove narrazioni, amplificano i significati, rimandano ad altro. Nelle illustrazioni non aggiungo dettagli puramente riempitivi, ognuno esiste perché ha una sua indipendenza. Anche la mia mente è davvero ricettiva verso i dettagli, spesso a discapito del contesto generale – il che talvolta può essere un problema!
Qual è la tua tecnica preferita e perché?
Senza dubbio la matita su carta, preferibilmente una matita grossa con la punta irregolare e una carta un po’ usurata dal tempo. Utilizzo diverse tecniche che spaziano dall’acrilico al collage, spesso mescolate al digitale, ma la matita su carta resta la mia preferita perché è l’essenza: ogni traduzione di pensiero, ogni mio disegno inizia così.
Alcune tue illustrazioni mi danno l’impressione di essere delle miniature, fatte su pezzi di carta minuscoli. È davvero così o è solo una mia sensazione?
Sei un’acuta osservatrice, a volte è davvero così. Non sempre, naturalmente, ma può capitare che disegni su pezzetti di quaderno, su foglietti provenienti da chissà dove, su angoli di sacchetti o tovaglioli di carta. Ho un cassetto pieno di ritagli che conservo con cura, tornano spesso utili! E adoro i formati di pochi centimetri.
Hai scritto un libro che di chiama “Da grande sarò”. Il tuo editore aveva interpretato quel “sarò”, pensandolo come una parola finita, senza bisogno di aggiungerci altro. Oppure potrebbe essere seguita da un posto, un aggettivo. Mi ripeto spesso in testa che da grande sarò (spero) sorridente seduta in un giardino. Tu cosa aggiungeresti al tuo Sarò?
Sarò sempre libera di essere ciò che desidero, di mutare, di sperimentare.
Ma parliamo del presente. Scrivi che ti piacciono sempre gli inizi. Anche a me, sono una grande fan delle mattine. Com’è il tuo inizio di giornata perfetto?
Ti capisco, vivo gli inizi di giornata come promettenti, c’è silenzio e tutto deve ancora succedere. Il mio inizio di giornata perfetto è fatto di rituali semplici: mi alzo abbastanza presto e faccio subito colazione – che deve essere consumata con calma, tè caldo anche in estate. Ascolto le notizie dal mondo mentre rifaccio il letto, apro le finestre ed entro in studio, pronta per iniziare!
Come descriveresti la gentilezza? (E qui mi piacerebbe chiederti anche come la disegneresti).
Come una forma di rispetto verso se stessi e verso l’altro. La gentilezza non dimentica mai che l’altro c’è e che viene toccato dai nostri comportamenti. È un sorriso, un saluto, una premura, un’attenzione, una consapevolezza. Disegnerei un mazzetto di fiori di campo con un biglietto scritto a mano: “per te, ti auguro una buona giornata”.
Zollette
Piccole dosi di gentilezza
Il lupo e il filosofo di Mark Rowlands è una storia (vera) di amicizia che ribalta lo stereotipo dell’animale selvatico e stravolge le certezze dell’uomo che lo accompagna.
The atlas of beauty è un progetto che seguo da 10 anni. Una reporter gira il mondo fotografando le donne e ascoltando le loro storie. Mai vista tanta bellezza tutta insieme.
Cinque albi illustrati di Chris Haughton: i suoi personaggi sono uno più tenero e divertente dell’altro.
Belle parole
/Friluftsliv/
In norvegese significa vivere all’aria aperta. Il termine indica la sensazione di pace e serenità che si prova quando si trascorre del tempo immersi nella natura. Un po’ come sentirsi a casa nel selvatico.
Non so se da qualche parte ti ho già detto che Morbido ha anche un profilo Instagram. Se vuoi seguirmi da vicino, eccomi > @morbidomag.
Grazie per avermi letta fino a qui, ti auguro una bella domenica.
A presto
Valentina
È sempre un momento di dolcezza e arricchimento leggere queste pagine . è una coccola per l'anima