Due giorni fa ho spento 40 candeline. Si fa per dire, perché non avrei mai avuto abbastanza fiato per farlo davvero. Essendo nata così vicino all’inizio dell’anno, mi viene spontaneo iniziare a pensare al mio compleanno durante le vacanze di Natale, e quindi circa un mese prima che accada. Un lunghissimo e brevissimo mese in cui tiro le somme, che poi i conti a un certo punto si fan da sé, specialmente quando i numeri sono così alti.
Comunque la prima cosa che ho fatto è stata guardarmi allo specchio in cerca di tracce evidenti di questi anni trascorsi ad alternare skincare accurata e sapone di Marsiglia, perché la mia incostanza nelle piccole cose quotidiane è il difetto che mi porto dietro da tutta la vita. Sì le rughe ci sono, non così evidenti se resto seria, ma eccole lì. Capelli bianchi ovvio, ma per fortuna sono bionda di nascita e di fatto, e si nascondono bene. Occhiaie infinite da sempre, specialmente in questi ultimi due anni di privazione del sonno. E, poco sopra, gli occhi: ecco, se guardo quelli, verdi come quelli di mia nonna e di mio figlio, il tempo è uno scherzo ben riuscito.
Quanta vita ci passa addosso senza che riusciamo a trattenerla: quante candeline spente, ginocchia sbucciate, abbracci stretti, sorrisi sdentati. Quanto amore ricevuto e donato, dolore soffocato, persone incontrate o perse per sempre. Fiori ai matrimoni e fiori ai funerali, fiori nei capelli e sui balconi, cartoline, fotografie, appunti sui fogli, telefonate, risate, sguardi, canzoni, scottature, lacrime e bottoni. Quanti kilometri fatti, cieli stellati, corse nei prati, baci, carezze e mani, mani, mani. Ma tutto questo dove resta? Nei miei ricordi, nei tuoi, in qualcosa che ho scritto, in una vecchia fotografia. Quanta meravigliosa energia produciamo ogni giorno per vivere senza che ne rimanga traccia? Il più grande investimento a perdere che esista. Mi ricordo che la la mia insegnante di storia dell’arte che riteneva di cattivo gusto festeggiare i compleanni, diceva “perché celebrare un anno in meno da vivere?”.
Feste coi fiocchi
Vi ho già parlato una volta di Sophie Calle, artista concettuale contemporanea di cui ammiro molto le opere e la ricerca. Lei è stata per decenni ossessionata dal suo genetliaco, tanto che per assicurarsi che nessuno dei suoi amici e parenti se ne dimenticasse, organizzava delle feste memorabili. Invitava un numero di persone pari agli anni che compiva, chiedendo a ciascuna di loro di portare uno sconosciuto che, a detta sua, simboleggiava l’incognita del futuro.
Gli ospiti arrivavano con doni, pegni d'amore che Calle esponeva in una vetrinetta per tutto l’anno successivo, come costante ricordo di questo affetto. All’avvicinarsi del compleanno seguente, gli oggetti venivano sostituiti dai regali che avrebbe ricevuto durante la cena celebrativa. Quando nel 1993 ha compiuto quarant'anni, Calle si è resa conto di essere guarita da questa insicurezza sociale e non ha più sentito la necessità di ricordare le sue amicizie e i suoi legami familiari in modo così formale.
Di questa ossessione ne ha fatto un’opera: “The Birthday Ceremony”, un’istallazione che riunisce quindici armadietti di compleanno ispirati all’originale (che le era stato regalato dal padre) che contengono i regali ricevuti ogni anno. I doni sono esposti non incartati e vanno dal banale al bizzarro: opere d'arte, pegni d'affetto fatti a mano, libri e lettere, cianfrusaglie e oggetti d'antiquariato, banalità di plastica, oggetti rubati da un ristorante, bottiglie di vino, cioccolatini e così via.
Conservo ancora, chiuso in un scatola, il regalo che mi fece per il mio 28esimo compleanno una persona che sarebbe diventata tra le più importanti della mia vita, ma ancora non lo sapevo. O forse se ho conservato il suo regalo in fondo lo sapevo. È una piccola pistola in plastica che spara coriandoli argentati. Ho tenuto un colpo su cinque, ho pensato che prima o poi ci sarebbe servito. In effetti avrei potuto spararlo quando è nato nostro figlio.
Stelle e candeline: i desideri li esprimiamo su luci e scie di fumo.
Chissà poi perché, non sembra una grande idea quella di affidare i nostri sogni a una stella morente o a una fiamma stroncata sul nascere. Eppure già gli antichi greci e romani praticavano questo piccolo rituale. I popoli della regione Ellenica offrivano dolci ad Artemide, dea della luna. La forma rotonda della torta era un netto richiamo al satellite della terra e le candele accese erano un simbolo di buon auspicio, aggiunte per far brillare il dolce proprio come la luna. Si pensava che il fumo potesse poi portare i desideri e le preghiere alla dea. Ecco perché ancora oggi è consuetudine esprimere un desiderio prima di soffiare sulle candeline.
I miei desideri si assomigliano molto, quando vedo una scia luminosa nel cielo d’agosto o quando soffio su una fiamma penso alla stessa cosa. La più semplice e complicata insieme. Ovviamente non posso dirvelo! Il problema si pone quando, come la scorsa estate, di stelle cadenti ne vedo 10 e inizia a venirmi l’ansia da desiderio: non me ne vengono più di due, e allora comincio a desiderare cose prive di senso e addirittura alcune volte non ho la prontezza di esprimerle e le stelle cadono a vuoto! Che spreco, in quei momenti mi sento di aver perso un’occasione. Abbiamo bisogno tutti di sperare, le stelle morenti e le fiamme spente ci danno l’illusione che qualcosa, prima che queste spariscano, glielo abbiamo affidato. Ora sono affari loro.
Quando compio gli anni, di solito mentre mi cantano “Tanti auguri”, io penso a mia mamma. È grazie a lei che sono qui. Mi ha messa al mondo, tra l’altro in un modo incredibile, che per un pelo non nascevo dentro tutta quella neve caduta nell’85, che bloccava le strade e si era costretti a muoversi a piedi, anche al nono mese di gravidanza. Indecisa tra Arianna e Arabella, mi chiamò Valentina perché dopo pochi giorni sarebbe stato il 14 febbraio. Mi piace ascoltare e riascoltare la storia della mia nascita, non mi stanco mai di sentirla. Quando compio gli anni penso a mia mamma anche perché era lei che rendeva possibili i miei compleanni, che preparava la torta, gli inviti, comprava le candeline, predisponeva la casa, la caccia al tesoro. Era per lei prima di tutto e tutti che quel giorno era speciale, perché ero nata io, e voleva che fosse altrettanto speciale per me, anche se non potevo ancora immaginare quanto lo fosse davvero per lei. Il fatto è che non mi ricordo niente di quei compleanni, ma proprio zero. Qualcosa ho inserito nella memoria grazie alle fotografie che mio padre scattava, ma non ho nessun ricordo specifico di quelle giornate, a parte l’epidemia di pidocchi in classe dopo una mia festa di compleanno a tema parrucche. Ce l’eravamo scambiate tutto il pomeriggio, e qualche giorno dopo, quando in classe si manifestò il primo caso, la maestra disse, rivolta a tutti gli alunni (ma guardando storto proprio me) di “evitare di toccarsi i capelli a vicenda e soprattutto di giocare con le parrucche”. Profondissimo imbarazzo.
Ma perché di tutti quei bei compleanni mi ricordo solo questo momento sgradevole?
Si chiama negativity bias ed è un errore cognitivo che fa aumentare i livelli di attenzione nei confronti di avvenimenti negativi rispetto a quelli positivi. Questo effetto ha conseguenze sui comportamenti e sulla memorizzazione. Ciò accade perché la nostra mente non è neutrale, dà la priorità alle esperienze negative perché sono potenzialmente pericolose, e in questo modo riduce i rischi che possiamo correre. È un meccanismo ancestrale di sopravvivenza.
Una volta, durante un periodo buio della mia vita, un mio amico mi disse di tenere un diario delle cose belle che mi succedevano perché era normale che mi ricordassi di più gli eventi brutti e trattassi un po’ con leggerezza gli eventi positivi, ma ce n’erano eccome di cose luminose nella mia vita in quel momento. Dovevo solo impegnarmi a memorizzarle meglio.
E quindi eccomi qui a 40 anni
Vivian Lamarque ha scritto un libro di poesie che si chiama “L’amore da vecchia” senza paura dell’amore e della parola vecchia che ha ormai solo un’accezione negativa. Ma, dice lei, un albero vecchio è maestoso, prezioso, saggio. Perché non possiamo pensare la stessa cosa delle persone vecchie?
Non mi reputo poi così vecchia, ma sento di avere alle spalle tanti anni in cui forse avrei potuto fare di più. Mi sembra di essere ancora in divenire, inconclusa, in ricerca. Ho quarant’anni e un figlio piccolo, una newsletter sulla gentilezza, un passaporto pieno di timbri, la torta in forno, la casa sempre in disordine, la nuotata che può aspettare, le amiche una volta al mese, mi tolgo o no da Meta? il mal di schiena al mattino, la voglia di pizza nel weekend, i libri sul comodino, l’app del meteo sempre aperta. E i sogni, quanti stramaledetti sogni che ho ancora. Li vedo nitidi, come dentro un acquario: brillano, si muovono, guizzano. Forse quest’anno un paio di loro vedranno il mare aperto. O forse prenderanno semplicemente il volo dietro una scia luminosa in una notte d’estate. Per oggi basta, Andre Girolami ci consiglia di alternare newsletter epiche a newsletter leggere e così dopo la bomba atomica su mamme e mondo del lavoro, oggi deludo tutti con le riflessioni di una donna di mezz’età (ahia). Mi rifarò con le zollette.
Tanti auguri a me!
Zollette
Piccole dosi di gentilezza
La intoniamo di default, ma forse non ci siamo mai chiesti perché. Happy Birthday to You è la canzone inglese più conosciuta e cantata della storia.
A Samoa è illegale dimenticare il compleanno della propria moglie.
Questa è una delle tante leggi bizzarre del mondo raccolte e illustrate da Gloria di Bella e Davide Calì.Esiste un sito che vende le candeline più fantastiche del mondo. Alla luce di questa scoperta le mie torte di compleanno sono sempre state mediocri.
Belle parole
/Wishes/
In inglese ha un doppio significato: auguri e desideri. È un'espressione di sentimenti gentili per qualcuno, specialmente in un'occasione particolare. Si dice o si scrive alla fine di una lettera, durante un evento felice come una festa, per dimostrare che speri che qualcuno sia sereno e abbia fortuna.
Wish me wishes: il miglior augurio che possiamo farci è un (altro) desiderio 💫
Per il mio compleanno mi compri l’estate. Un abbonamento ai fulmini. Una collezione di onde che facciamo rumore quando non riesco a dormire.
(NinaEin, Twitter)
Auguri Valentina, mi ritrovo nelle cose che possiedi ed è giusto che ogni quarantenne abbia sogni ancora realizzabili. Per me: dormire una notte intere, senza invasioni barbariche nel lettone. Che poi mi mancheranno.
Ti auguro un desiderio che salga a solleticare Artemide (non la conoscevo la storia del soffio sulle candeline). Buon compleanno Valentina!