L'insostenibile leggerezza delle liste
Gli elenchi puntati che ci salvano e gli inventari che mi piacciono
Durante l’ultima lezione del corso di scrittura che sto facendo (e di cui vi ho già parlato qui) è stato consigliato un libro che ormai si trova solo usato: “Mi ricordo” di Joe Brainard. É un’autobiografia scritta in brevissime frasi, sintetiche quasi quanto un tweet di una volta, che iniziano tutte con “Mi ricordo”.
Tipo:
Mi ricordo le ginocchia verdi d’erba.
Mi ricordo le biglie.
Mi ricordo di aver stretto mani importanti.
Mi ricordo la polvere bianca dei marshmallow sulle labbra.
Frasi che nella loro semplicità tengono dentro tutto: quotidianità, valori, emozioni, amicizie, amori, epoche, senso. Sono personali ma anche universali, perché capita che leggendo i ricordi di Brainard si pensi “ma certo, me lo ricordo anche io!”. Oltre a essere un potente espediente narrativo, è anche un efficace starter per scrivere. Provare per credere. Se adesso vi invitassi a richiamare un ricordo con questa formula credo vi verrebbe davvero facile, e soprattutto sbloccherebbe nella vostra mente un’infinità di brevissimi momenti che sono sempre stati lì. Odori, rumori, espressioni, dettagli che hanno costruito la vostra memoria come un castello di granelli di sabbia.
Inizio io.
Mi ricordo quando ho preso l’altalena in faccia e ho iniziato a sanguinare.
Mi ricordo i panini al latte.
Mi ricordo il gelato a forma di piede dell’Eldorado.
Mi ricordo il lucidalabbra alla ciliegia.
Mi ricordo il venerdì da Blockbuster.
Mi ricordo i cd masterizzati da regalare al ragazzo che ti piaceva.
Mi ricordo i temporali estivi al mare, con le gocce enormi e l’odore di sabbia bagnata.
Potrei andare avanti all’infinito, ci credo che Joe è riuscito a farci un libro. Ciascuno di noi riuscirebbe a farlo in questo modo, e anche in fretta. Se avete il blocco dello scrittore o avete sempre desiderato cimentarvi nella scrittura ma ne avete un po’ paura, secondo me questo è un bel modo di prendere il via.
Ma parliamo di liste
Perché in fondo quella che ho appena fatto non è altro che una lista ricordi e ha la bellezza degli elenchi puntati, il fascino degli inventari.
Una poetica che ha ispirato (e ispira tutt’oggi) progetti artistici personali e collettivi con tanto potenziale narrativo. A un certo punto della sua carriera Brian Rea, famoso artista e illustratore, si è ritrovato a fare una lista delle cose che lo preoccupavano. Era il 2008 e, dopo 11 anni passati a New York, si è reso conto di avere molte paure, così ha cominciato a raccogliere, insieme a quelle degli altri. Paure fisiche, naturali, politiche, casuali, emotive. Le ha suddivise in categorie e ne ha fatto un murales alla Fondazione Joan Mirò a Barcellona dal nome “Vision and fears”: 24 metri quadrati di paure.
Da allora Rea ha continuato a tenere liste come ad esempio: i momenti memorabili a una festa, le celebrità incontrate a Los Angeles, i bar che ha visitato quando viveva a Stoccolma. Come inventari estemporanei, rileggendole si ritrovava in quel periodo della vita, in quel momento, in quella città. Le liste sono un ottimo metodo per mettere in ordine le cose, è vero, ma sono anche scatole in cui buttare dentro di tutto se si sceglie prima che etichetta appiccicarci sopra.
Sempre sul genere è Before I Die, un progetto globale di arte pubblica partecipativa creato dall'artista Candy Chang a New Orleans. L'opera invita le persone a condividere i loro desideri su un muro nella loro città. Sono stati creati oltre 5.000 muri di Before I Die nel mondo, ciascuno è un tributo unico alla vita. Sembra quasi un ossimoro, ma ogni muro è un invito a recuperare la prospettiva.
Siamo abituati agli archivi, soprattutto visivi. Instagram, Pinterest, Google sono collezioni infinite di immagini, è facile categorizzarle con un hashtag o una parola chiave ed è ancora più facile trovare quello che cerchiamo. È un format che funziona perché è funzionale, accessibile e soprattutto istintivo. Lo impariamo intorno ai 18 mesi quando mettiamo tutti i pezzi quadrati da una parte e quelli tondi dall’altra. Un automatismo che ai bimbi dà tanta soddisfazione e piacere. E che ne dà anche agli adulti: scommetto che tutti voi conoscete il piacere di vedere un cassetto organizzato dalle vostre mani. Mio nonno tra l’altro lo faceva benissimo, aprire i suoi armadi era come guardare un foglio excel.
E le collezioni?
Una volta qualcuno mi ha detto che tenere una collezione è sempre una buona idea. Mi pareva un’osservazione intelligente finché non ho fatto il terzo trasloco della mia vita (ed ero solo a metà di quelli che mi aspettavano!). Comunque fino a quel momento mi sembrava un’idea così buona che per festeggiare il compleanno di un amico gli abbiamo regalato una collezione, cioè abbiamo deciso che da quel giorno gli avremmo portato da ogni viaggio una di quelle monete schiacciate con i monumenti simbolo delle città. E così abbiamo fatto per parecchi anni, tanto che alla fine si è appassionato e ha iniziato a procurarsele da solo. Adesso ne ha davvero parecchie (ha aperto anche un profilo Instagram con alcune di queste). Ma qual è la differenza tra collezione e lista? Una l’eccesso, l’altra la sintesi. Oltre all’essere accomunati da un certo criterio, gli oggetti di una collezione hanno una valenza estetica, sono qualcosa da accumulare, custodire e mostrare. La lista invece, questa parola così semplice che si associa per lo più a “spesa”, che te la immagini sempre scritta e su un pezzo di carta strappata, emana un’aura di intimità. È vera e senza polvere.
Quante volte, scoprendo qualche progetto avete pensato “Avrei voluto avere io questa idea”? A me è capitato per esempio con Insta della spesa, un profilo Instagram che raccoglie le liste della spesa trovate in giro. Basta leggerne un paio per appassionarsi e non riuscire più a smettere di sfogliarle, una dopo l’altra, un esuberante mosaico di umanità. Potrebbero farci addirittura uno studio sociologico.
E poi c’è chi la lista la usa come traccia di vita, un elenco di possibilità o desideri, la famosa Bucket list. Neil Gaiman durante il suo discorso ai laureandi della University of the Arts a Philadelphia disse che non ha avuto una carriera, ha semplicemente fatto quello che aveva sulla sua lista. Quando aveva 15 anni elencò tutto quello che avrebbe desiderato fare nella vita: un romanzo, un libro per bambini, un fumetto, un audiolibro… e una volta spuntata una voce passava al punto successivo sulla lista. A giudicare dalla sua biografia direi che ha funzionato.
Che ne sarà di me
Io colleziono sassolini e conchiglie, e faccio liste di ricordi. Ho una quantità di materiale scritto che non so più dove tenerlo: diari, fogli di lavoro, note nel telefono. Sono tutte cose che ho visto, momenti che ho vissuto, frasi che ho sentito, sogni che ho fatto. Cosa me ne farò di tutto questo? Forse un libro, forse la mia storia. Forse saranno semplicemente la mia memoria. Ma in fondo penso di trovarmi - in entrambi i sensi, cioè ambientarmi e riconoscermi - proprio dentro quella lista. Lì c’è proprio tutto di me, come i pezzi di un puzzle nella scatola.
Giusto per tenere fede al fil rouge di questa newsletter, ho fatto anche una piccola rassegna dei gesti gentili fatti da sconosciuti che mi ricordo. Semplici e memorabili.
A New York e un passante mi ha portato la valigia per tutte le scale della metro.
Una ragazza in treno ha notato che ero incinta e mi ha ceduto il suo posto.
Un assistente di volo ha gonfiato un guanto di plastica e lo ha regalato a mio figlio come fosse un palloncino.
Un signore anziano ha piantato un alberello in un’aiuola lungo la strada.
Una donna bellissima ha regalato una scatola di brioche fresche a un senzatetto.
Anche se non è mai sulla lista, abbiamo bisogno tutti di un po’ di gentilezza.
Una collezione di liste
Voglio fare una lista di liste! Mi consigliate dei bei progetti di liste? Artistici, personali, profili Instagram ecc.?
Zollette
Piccole dosi di gentilezza
Cose nei libri è un archivio semi serio di cose trovate nei libri usati. Perse, dimenticate o abbandonate. Una su tre fa piangere.
See for yourself è un piccolo manuale fotografico che invita a riconoscere gli elementi di design nei dettagli quotidiani che ci circondano.
Stationery that looks good enough to eat: il proprietario della cartoleria Present & Correct di Londra ha un’ossessione per la cancelleria, in particolare le gomme perché gli ricordano i dolci.
Belle parole
/Murr-ma/
In Wagiman, un dialetto australiano pressoché estinto, si definisce così il cercare qualcosa nell’acqua usando solo i piedi. Non capita spesso di perdere qualcosa in un corso d’acqua, ma se mai dovesse capitare, pare che i nostri piedi sarebbero perfettamente in grado di riconoscere l’elemento diverso tra i sassi del fiume.
Grazie per avermi letta fino a qui. Ti auguro una bella domenica.
A presto
Valentina
Mi ricordo gli spaghetti al sugo di basilico che faceva nonna la domenica d'estate.
Mi ricordo i paciocchini.
Mi ricordo le gomme profumate del Mulino Bianco.
Mi ricordo la sigla di "Quando si ama".
Mi ricordo la Smemoranda.
Mi sono fermata a ricordare questo e molto altro solo perchè ho letto questa mail.
Grazie :)
❤️